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Habitat

Habitat

L’habitat è l'ambiente che offre la vita ad una determinata specie. Ci sono molti habitat diversi che spesso vengono nominati per le comunità vegetali che ci vivono (ad es. boschi dinarici di faggio e abete). L’habitat rappresenta la condizione preliminare di base per la presenza di una specie. Le specie sono molto spesso adattate ad uno o a più tipi di habitat e negli altri non possono esistere. Pertanto è utile sapere, se cerchiamo una determinata specie, a che habitat è adattata. Ugualmente, se sappiamo che tipi di habitat esistono su un territorio, sappiamo altresì che specie ci possiamo aspettare. La maggiore diversità di habitat significa contestualmente anche il maggiore numero di specie, quindi la maggiore biodiversità e la salute dell’ecosistema. Se vogliamo proteggere una specie, dobbiamo proteggere soprattutto il suo habitat perché nessun essere vivente può esistere senza l’adeguato spazio di vita.

Il territorio del Velebit è un mosaico di diversi habitat - boschi, praterie, rocce, accumuli di pietre e rari habitat acquatici. Nessun frammento di questo mosaico è completamente indipendente rispetto agli altri, perché molte specie utilizzano più tipi di habitat. Poi, gli habitat non sono separati uno dall’altro con una linea netta, ma si sovrappongono e creano zone di transizione che spesso sono più ricche di vita. Pare che questo paesaggio sia così da sempre, però la realtà è completamente diversa. Il suo aspetto odierno consegue da un lungo sviluppo e da diversi influssi, però non è neanche statico, ma continuerà a variare ancora in dipendenza di una serie di fattori che spesso sono difficili o quasi impossibili da prevedere.

Al Parco nazionale del Velebit settentrionale ci sono cinque tipi principali di habitat:
  1. Bosco

  2. Prateria

  3. Sasseto

  4. Sotterraneo

  5. Habitat acquatici


Bosco

Gli habitat boschivi ricoprono di gran lunga la maggiore superficie del Parco (più dell’80%). La caratteristica principale degli habitat boschivi sulla montagna è la zonazione - disposizione nella fasce che si susseguono a seconda dell’altitudine. Visto che con l’aumento dell’altitudine le condizioni climatiche diventano più rigide, ne risentono anche il manto vegetale o la vegetazione.

 

Se partite dal mare arrampicandosi per i pendii litorali verso le vette del Velebit settentrionale, passerete prima attraverso il bosco di roverella e carpine bianco. Andando più in su il carpine bianco sarà sostituito da quello nero e voi vi troverete nel bosco di roverella e carpine nero. Questi boschi litorali sono spesso sviluppati nella forma di fratta e sono eccezionalmente importanti per la conservazione del suolo, esposto alla forte bora dalla parte litorale.
Se continuate verso la cima, entrerete nel bosco litorale di faggio con l’erba della Pampa che divide la vegetazione litorale da quella continentale. Avvicinandovi alla cima

noterete che i tronchi del faggio nella parte inferiore sono piegati nella forma della pipa – è per via della pressione della neve sugli alberi giovani e voi vi trovate nel bosco prealpino di faggio e acero di monte. Ora siete già nel vero habitat montano in cui sono evidenti gli influssi del clima montano. Sul lato litorale potevate notare anche il bosco di pino nero e cotoneasto, considerato relitto - resto dei tempi antichi che si trova soltanto in alcune località.

Nelle cime più alte vi troverete tra gli alberi nani di faggio o pino mugo, piegati lungo il suolo, dai rami nodosi e curvati. A queste altitudini gli alberi sono sull’orlo dell’esistenza e per via del freddo e della breve stagione di crescita non possono svilupparsi negli alberi normali, ma crescono nelle forme atrofiche chiamate pino nano. Il pino mugo è una specie alpina speciale del pino, molto longeva e resistente alle rigide condizioni climatiche. Questo pino cespuglioso al più spesso non prende la forma dell’albero, ma si ramifica basso lungo il suolo, senza il tronco centrale. I suoi rami si estendono lungo il suolo e sono curvati verso l’alto. Proprio questa forma

bassa, simile al cuscino, lo protegge dal vento e freddo, grazie ad uno strato dell’aria che si ferma attorno ad esso e funge da isolante. Inoltre, può crescere su vari tipi di suolo.

Se cominciate a scendere per i pendii del Velebit settentrionale verso l’interno, quindi verso l’altipiano della Lika, nelle zone alte passerete di nuovo attraverso il bosco prealpino di faggio. Negli habitat meno favorevoli, quali erte rocciose, doline e ripiani chiusi, troverete ginepri. Nel Velebit settentrionale crescono alcuni tipi del bosco prealpino di ginepro: nei pendii ripidi rocciosi, come quelli dei monoliti, cresce il bosco prealpino di ginepro con la clematide alpina. Le doline più erte e rocciose e i ripiani chiusi sono occupati dal bosco prealpino di ginepro con la listera e quelle più umide e con più humus dal bosco prealpino di ginepro con il

cavolaccio. Nei pendii rocciosi più caldi e assolati si può trovare anche il bosco dinarico di abete sui blocchi calcarei, abbastanza raro nel Velebit settentrionale.
Scendendo ancora entrerete nella zona del bosco dinarico di faggio e abete. Questi boschi sono molto più ricchi di specie di quelli di faggio e abete dell’Europa centrale. In questa fascia troverete di nuovo i ginepri nelle ampie vallate in cui si ferma l’aria fredda, questa volta nella forma del bosco alpino di ginepro con l’agrimonia delle faggete. A questo tipo del bosco appartiene anche il bosco di ginepro a Štirovača, il più grande bosco di ginepro della Croazia, una parte del quale è compresa nei confini del Parco. La discesa per i pendii del Velebit si chiuderà nel bosco di faggio con la grande ortica morta, che occupa i pendii più bassi del Velebit verso la Lika, ricco di specie vegetali illiriche che crescono esclusivamente sul territorio dei Balcani occidentali e della fascia litorale dell'Adriatico orientale.

La composizione delle specie e la disposizione degli alberi nei boschi del Velebit settentrionale sono simili a quelle della foresta primaria – bosco in cui gli alberi non sono mai stati abbattuti o senza alcun grande influsso umano. Inoltre, questi boschi contengono un certo numero di alberi vecchi e morti. Questi "cadaveri del bosco" non sono solo tronchi, ma diventano molto velocemente dimora di comunità vive completamente nuove – di innumerevoli specie di insetti, funghi e batteri. Si nutriscono del vecchio albero alterandolo nel suolo nutriente. Nel Parco vivono ben cinque di nove specie europee di picchio, dipendenti dagli alberi morti e

vecchi – si nutriscono di larve di insetti che vivono sotto la corteccia e scavano i nidi negli alberi marci. Essi impediscono che gli insetti, che si nutriscono di legno e danneggiano gli alberi, si riproducano in eccedenza. Nelle vecchie cavità scavate dai picchi si innestano numerose altre specie di uccelli, proprio per questo dipendenti dai picchi e di conseguenza anche dagli alberi vecchi. Tra gli utenti delle cavità ci sono anche sei specie di gufo, ma anche alcune specie di pipistrello del bosco che ci si nasconde di giorno e alleva i piccoli. Questi sono, ad esempio, il barbastello e la nottola minore che, tra l’altro, anche cacciano per i boschi.


Prateria

Anche se l’immagine delle praterie è molto spesso collegata con le montagne, il Velebit, come del resto le altre montagne croate, non ha condizioni climatiche per la creazione di praterie naturali. Difatti, essi nascono nelle alte montagne nelle zone sopra “la linea superiore dei boschi” che per il territorio delle Alpi è a circa 2.100 metri di altitudine. Pertanto tutte le montagne croate sono troppo basse per contenere le praterie create dall’influsso del clima nella zona delle vette. Le praterie naturali o terreni erbosi possono eccezionalmente essere sviluppati anche alle altitudini più basse a causa degli influssi delle circostanze specifiche locali quali la bora – è il caso del Parco nazionale Velebit settentrionale.
La maggior parte delle praterie del Velebit è stata creata dalle mani di numerosa gente che aveva bisogno dello spazio in cui pascolare il bestiame e coltivare il cibo. Con il calpestio del bestiame e con il pascolo è stata ostacolata la crescita delle specie ad albero e quelle che nonostante tutto sono riuscite a crescere venivano abbattute con le mani della gente. Con questo lo spazio della prateria non poteva essere occupato di nuovo dal bosco.

 

A differenza della maggior parte degli interventi dell’uomo nello spazio, la creazione delle praterie ha arricchito la natura con un habitat, completamente nuovo, accompagnandolo dalle specie della prateria, completamente nuove. Molte specie vegetali, limitate alle superfici delle praterie naturali molto piccole, hanno guadagnato in questo modo lo spazio di vita molto più ampio. Alcune sono pervenute nel lontano passato con i greggi da altri territori, soprattutto da quelli del Mediterraneo orientale, mentre per alcune specie proprio queste praterie sono diventate centri della loro evoluzione. Oltre che aumentano il numero totale delle specie, le praterie sono luoghi di nutrimento per gli animali già esistenti. Ad esempio, molti uccelli rapaci cacciano proprio sulle praterie. Tutto quanto ha contribuito ad aumentare la diversità biologica di tutta la zona favorendo allo stesso tempo la stabilità dell’ecosistema. Le praterie, inoltre, raccontano anche del passato dell’intero territorio, del modo di vita della gente, delle modalità di guadagno, di movimentazione e rappresentano una parte indispensabile e inestimabile sia del patrimonio naturale, sia di quello culturale.
Oggi siamo testimoni di praterie vuote, orti coperti d’erba e cascine dei pastori distrutte. L’allevamento del bestiame è completamente sparito dal Velebit settentrionale, la gente non vive più in montagna e dalla montagna, cosicché anche le praterie spariscono lentamente. Vengono occupate dalla fratta e dal bosco, pian piano si riducono e chiudono, varia l’immagine generale del paesaggio e molte specie rimangono senza i loro habitat.

Benché le praterie siano state create dall’azione dell’uomo, non sono tutte uguali. In linea di principio le fasce di altitudine della vegetazione boschiva sono accompagnate da vari tipi di praterie.

Pendio litorale

Nella fascia più bassa ovvero nella fascia del carpine nero sono sviluppati i pascoli carsici di carice minore e fiordaliso giallo, ricchi di specie submediterranee – specie che vivono prevalentemente sul territorio del Mediterraneo, però possono essere trovate anche nelle zone più calde della parte meridionale del continente. Nelle posizioni protette e spesso circondate dal bosco, in questa fascia è possibile trovare anche le superfici relativamente piccole della prateria di forasacco eretto. Si sviluppano sopra i suoli più profondi, mai sassosi e probabilmente di origine diversa. Presumibilmente venivano utilizzati nella maggior parte come pascoli e visto che sono situati sui terreni spianati senza sassi sporgenti, è possibile che venissero utilizzati anche per la raccolta dell’erba. La parte più piccola delle praterie poteva essere creata anche dalla crescita dell’erba sui terreni una volta coltivati.
Con l’aumento dell’altitudine mancano sempre di più le specie mediterranee, sostituite da quelle alpine, creando una nuova comunità dei pascoli carsici di santoreggia liliacina e carice minore. Questa comunità è situata all’interno della fascia dei boschi d faggio e qua e là anche della fascia del pino mugo.
Nelle posizioni alte del pendio litorale esposte alla bora sono situate le praterie di sesleria tenuifolia e carice minore, una volta utilizzati come pascoli e più raramente per la raccolta dell’erba. Rappresentano il tipo più esteso delle praterie alpine alte dei pendii litorali del Velebit, mentre per la loro creazione è decisiva la forte bora.

Fascia delle vette

Nella fascia delle vette, nelle posizioni protette, risparmiate innanzitutto dalla forte bora e spesso nei suoli più profondi sono sviluppate le praterie di festuca bosniaca. L’erba dominante, festuca bosniaca, è una pianta endemica delle zone alte del Carso dinarico. Nei suoli più profondi e umidi qua e là appaiono le praterie di festuca pannocchiuta. Sono molto evidenti perché formate da fitto contenuto della festuca pannocchiuta la cui altezza molto spesso supera 1,5 metri. Sono uno dei più rari

tipi delle praterie alpine della Croazia e finora sono note soltanto nella zona delle spianate Šegotski padež e Bilenski padež e a Tudorevo nel Parco nazionale Velebit settentrionale.
Sopra i suoli carsici poco profondi o sopra le morene appaiono di nuovo le praterie di forasacco eretto come tipo di prateria della zona delle vette a cui il caldo conviene di più.
Sui fondi dei ripiani spianati e protetti, dove si è accumulato uno strato più ampio del suolo che ha isolato la base calcarea e ha sciacquato gli alcali creando un fondamento acido, privo di nutrimento, si sono sviluppate le praterie di erba cervina. È l’unico tipo della prateria del suolo acido del Parco. Sono facilmente riconoscibili dal fitto contenuto dell’erba cervina, di regola specie dominante. Su di esse di solito non troviamo le specie caratteristiche della zona e il loro contenuto floristico riflette soprattutto le condizioni ecologiche estreme in cui sono sviluppate.
Quando i fondi dei ripiani sono a imbuto da poterci accumulare l’acqua, specialmente quella della neve, possono essere sviluppate le praterie alpine di migliarino, di regola di superfici molto limitate e molto povere di specie.

Le superfici coltivabili di una volta, in cui venivano coltivati prevalentemente le patate e il cavolo, oggi sono completamente abbandonate e con il tempo sono diventate praterie. Nel primo momento può sembrare che si tratti di piccole enclavi delle praterie delle pianure, perché nella loro composizione dominano le specie tipiche delle zone più calde e dei suoli più nutrienti. Quando le erbe non sono evidentemente dominanti, tali luoghi sembrano essere grandi erbe verdi. È interessante come qui non è stata trovata nessuna specie straniera (invasiva) che di solito sono regolari, molto spesso anche dominanti nelle superfici coltivabili trascurate, situate nelle zone più basse.

Sasseto

Alla prima vista il sasseto può sembrare nudo e deserto, lontano da un habitat favorevole per gli esseri viventi. Le piante hanno bisogno di suolo e acqua per poter crescere e gli animali di cibo e rifugio. E la pietra non offre niente di questo! Tuttavia, il sasseto è abitato. Anche la pietra che sembra nuda è spesso coperta dai licheni secchi e duri. Se guardate attentamente la superficie della pietra vedrete pezzette, qualche volta punteggiate, di colore grigio, verdognolo, giallo, arancione o rosa. Sono licheni, una della forme di vita più ostinate della terra. Il lichene non è un organismo unico, ma una simbiosi stretta di due o più organismi, di cui uno è fungo e gli altri sono alghe o cianobatteri. L’alga mediante la fotosintesi produce le sostanze nutrienti, mentre il fungo costruisce il corpo del lichene che protegge l’alga. Il lichene prende l’umidità e le altre sostanze nutrienti quali azoto dall’aria e per poter vivere gli bastano l’aria, il sole e la pioggia. Per di più, può sopravvivere per lunghi periodi nello stato secco, riposando. I licheni fotosintetizzano e crescono solo quando umidi e quindi la loro crescita è molto lenta. A causa di tutto quanto resistono molto bene negli habitat sfavorevoli quali sasseti o tundre. Visto che dipendono dalla qualità dell’aria, molte specie di lichene sono indicatori importanti della sua qualità – sono bioindicatori. Il lichene del Parco nazionale Velebit settentrionale non sono stati ricercati ancora nel modo sistematico.

Tuttavia, nel sasseto esistono anche i luoghi più ospitali per la vita che non la nuda superficie della pietra. La pietraia è particolarmente ricca di fessure nelle rocce in cui si deposita la terra e si accumula l’acqua. Per di più le fessure sono almeno in parte protette dal sole e dal vento e quindi in esse crescono molte specie vegetali. Ogni tanto troviamo qualche fessura abbastanza grande per permettere ad un albero di metterci radici. Le piante carsiche che crescono in queste condizioni devono essere particolarmente resistenti ed adattate al proprio ambiente. Le piante carsiche nelle zone montane, oltre alla scarsità del terreno e dell’acqua, devono resistere a numerose circostanze

climatiche sfavorevoli. Per via dell’atmosfera diradata alle altitudini più alte d’estate il sole è molto forte, mentre di notte e quando fa brutto tempo anche le temperature estive scendono attorno allo zero e qualche volta anche sotto zero. C’è anche il vento forte che raffredda e secca e siccome alle altitudini più alte l’inverno dura quasi sei mesi, le piante hanno meno tempo per la crescita e la riproduzione.

Pertanto le piante carsiche sono particolarmente adattate all’ambiente combattendo in tal modo il clima sfavorevole. La loro superficie è spesso coperta di peli che mantengono uno strato dell’aria lungo la superficie della pianta che funge da isolante termico e riduce la disseccazione. La forma densa a cuscino contribuisce altresì all’isolamento termico. Molte piante crescono basse lungo il suolo perché l’aria direttamente lungo la superficie del terreno è spesso molto più calda dell’aria restante. Il colore chiaro protegge le piante dalle scottature solari, ma lo fanno anche i peli folti. Alcune piante sono dotate delle dure foglie coriacee, resistenti alla disseccazione. Per velocizzare lo sviluppo dei semi

molte piante hanno dei fiori in grado di riscaldarsi ad una temperatura superiore al resto della pianta. Un buon esempio sono i fiori a forma della campana. L’aria calda, più rada di quella fredda, va verso su e quando entra nel fiore a forma della campana non può più uscirne. Un buon esempio è l’uva ursina i cui fiori hanno l’entrata della campana molto stretta. Un meccanismo di riscaldamento completamente diverso è presente, ad esempio, nei fiori della carlina bianca nella forma delle teste – le sue foglie chiare che lo contornano indirizzano i raggi solari nel centro del fiore il cui colore nero assorbe il calore.

Tra le pietre dimorano anche molte specie animali, specializzate per la vita in un habitat del genere. Prevalgono gli animali più piccoli quali chiocciole, ragni, insetti, rettili o roditori, però il sasseto è abitato anche dagli animali più grossi quale camoscio. Anche gli animali degli habitat circostanti possono passare nel sasseto per nutrirsi dei suoi abitanti. Molti uccelli trovano sulle rocce il rifugio sicuro per creare nidi e si nutriscono nelle ricche praterie vicine.

Un habitat particolare nel sasseto sono accumuli soffici e non coagulati di pietre franate dai massi più grandi delle rocce. Tali accumuli di solito vengono formati nei pendii erti ed ai loro piedi, nei luoghi dove il rilievo con la sua forma canalizza i pezzi di pietra. Le pietre da cui gli accumuli sono composti può essere di dimensioni varie – dalle rocce di diametro di un metro, attraverso le pietre della grandezza della palla o della mano fino alle pietruzze di grandezza della ghiaia. Sotto lo strato delle pietre porose si trova la terra umida. Su questi accumuli crescono le piante specializzate e il suo adattamento principale consiste nella radice estremamente lunga ed articolata che deve

estendersi profondamente sotto gli strati di pietra. È l’habitat della più nota pianta endemica croata, degenia velebitica, che cresce nel Velebit centrale e meridionale (ma non in quello settentrionale!).

Visto che il sasseto è un habitat che esige adattamenti speciali e contestualmente è isolato da altri habitat simili, ci si sviluppano spesso le specie e le sottospecie endemiche. Proprio negli Hajdučki e Rožanski kukovi cresce il maggior numero delle piante endemiche del Parco. Nel sasseto vivono anche alcuni animali endemici quali lucertola di Horvath, microto dinarico e sanguisuga velebitica, tipi di grotte profonde.

Sotterraneo

Negli spazi sotterranei regnano le condizioni completamente diverse da quelle sulla superficie. La temperatura è per alcuni gradi sopra zero, la percentuale dell’umidità è alta ed è completamente buio. Tutte queste condizioni sono molto costanti ed è questa la principale caratteristica del sotterraneo. Nella parte dello spazio sotterraneo vicino all’ingresso c’è una zona transitoria in cui si sente l’influsso delle condizioni della superficie e quindi anche le oscillazioni sono maggiori che nell’interno.

 

Per le piante e gli altri organismi che ricevono l’energia direttamente dal sole il sotterraneo non è un luogo buono per la vita. Appena nelle imminenti vicinanze dello stesso ingresso, dove arriva un po’ di sole, possono essere trovati piante, muschi e alghe che non necessitano di tanto sole. Dato che nel sotterraneo non ci sono piante, tutto il cibo che ci arriva deriva dalla superficie.
Gli animali utilizzano gli spazi sotterranei con l’intensità diversa. Alcuni li utilizzano come rifugi dai rapaci e dalle condizioni atmosferiche, come alcuni pipistrelli che pernottano e svernano nel sotterraneo. Altri animali vivono volentieri negli spazi sotterranei, però possono essere trovati anche negli altri posti bui e umidi.

Però, i veri animali sotterranei vivono sempre e solo nelle caverne e grotte. Possono essere riconosciuti alla prima vista perché gli mancano gli occhi ed il colore del corpo o sono molto ridotti. È perché nel buio completo i pigmenti e gli organi di vista sono pienamente superflui. Allo stesso tempo il cibo è molto scarso e pertanto per gli animali sotterranei è veramente importante di non consumare il cibo e l’energia per la produzione di molecole e organi non necessari. Il metabolismo di questi animali è spesso molto rallentato che li aiuta a sopravvivere con quantità minime di cibo e a

digiunare per lungo tempo. Le conseguenze del metabolismo rallentato sono la vita lunga e la riproduzione lenta. Nel buio completo gli animali si orientano molto bene grazie al senso di tatto e olfatto eccezionalmente sviluppati. Questi sensi sono spesso molto evidenti nella forma di tentacoli e gambe molto prolungati che portano i peli sensoriali aggiuntivi.

 

Sul territorio del Parco quasi tutte le strutture sotterranee scoperte finora sono grotte – spazi verticali sotterranei. Non sono così adatte ai pipistrelli come le caverne e quindi non ci sono state registrate le colonie da nascere, però sono stati trovati i pipistrelli svernanti, ma mancano ugualmente grandi luoghi di svernamento di massa. Alcune delle specie registrate sono il vespertilio di Blyth, il vespertilio bicolore, l’orecchione comune e il serotino di Nilsson.

La maggior parte dei veri animali sotterranei sono invertebrati. Sono gruppi di animali spesso sconosciuti ad un pubblico più ampio quali coleotteri, chilopodi, collembole, ragni, pseudoscorpioni, crustacei isopodi, policheti e altri. Vivono in alcuni habitat diversi nel sotterraneo: sulla terra, nello strato sottile d’acqua che scola lungo le pareti dei muri e non inaridisce mai, in acqua, mentre un tipo speciale dell’habitat è il guano, formato dagli escrementi di pipistrelli.
Grazie alla particolarità ed all’isolamento degli habitat la maggior parte (circa il 70%) delle specie

sotterranee sono endemiche. Tra di esse c’è anche uno dei simboli del Velebit settentrionale, la sanguisuga velebitica, finora ritrovata soltanto in quattro grotte più profonde del Parco. La fauna sotterranea del Parco viene ricercata intensamente e in continuazione vengono scoperti nuove specie e nuovi generi.

Habitat acquatici

Nel Parco esistono anche gli habitat acquatici molto rari, d’importanza essenziale per gli organismi acquatici. L’habitat più importante e più interessante del Parco è un intreccio di ruscelli e fiumiciattoli a Štirovača, unica zona del Parco con il terreno resistente all'acqua, con l’unica sorgente d’acqua potabile e con l’unica acqua corrente nel territorio del Parco. Esistono alcune pozzanghere (Borove vodice, Žive vodice, Lubenovačka ruja…) che la gente ha creato o ha sistemato le zone umide di natura. Le pozzanghere hanno agevolato agli animali dei dintorni l’accesso all’acqua, tesoro naturale molto raro nel Velebit settentrionale. Quanto agli abitanti delle stesse acque, nel territorio del Parco ci sono appena alcuni organismi completamente acquatici quali alghe, piante e animali molto piccoli che possono essere trasferiti sui corpi degli uccelli e di altri animali che visitano le acque. La maggior parte di essi trascorre solo una parte del loro ciclo di vita in acqua, mentre il periodo rimanente passano muovendosi per terra o nell’aria, quali rane e libellule, e quindi hanno la possibilità di abitare questi habitat isolati, “isole” d’acqua nel “mare” di un secco habitat continentale. I pesci non sono abitanti naturali in questi piccoli, isolati ecosistemi acquatici e se vengono inseriti per forza, danneggiano tanto questi habitat sensibili e possono anche distruggerli completamente.

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